La grotta più lunga del Veneto

Ghiacciaio ipogeo
(foto di: Francesco Sauro)

Nel cuore del Parco, l’abisso più profondo delle Dolomiti

L’altopiano Erera-Brendol-Piani Eterni è uno dei luoghi più belli e di maggior pregio naturalistico del Parco per le sue caratteristiche di ambiente “carsico” e per le sue profonde e spettacolari grotte ed abissi.
Il carsismo è quel processo di corrosione chimica e meccanica delle rocce, composte in prevalenza da carbonato di calcio, ad opera delle acque piovane e di torrenti che vengono inghiottiti nel sottosuolo da sistemi di fratture e faglie. Questo fenomeno di dissoluzione dei Calcari Grigi e delle Dolomie che costituiscono queste montagne ha modellato nel tempo un paesaggio unico, caratterizzato da grandi conche glaciocarsiche, doline (vallette a forma di imbuto che assorbono nel sottosuole le acque), crepacci rocciosi, karren e campi solcati (canalette scavate da rivoli d’acqua sulla superficie delle rocce). Ma il fenomeno carsico, oltre che in superficie, si è potuto sviluppare anche in profondità, scavando sistemi di grotte che si sviluppano per svariati chilometri di gallerie, con veri e propri torrenti sotterranei che si spingono fino a profondità considerevoli.
In tutta l’area dei Piani Eterni, in più di vent’anni di ricerche, sono state esplorate, topografate e censite oltre 400 cavità tra grotte ed abissi. Il principale sistema sotterraneo conosciuto è il complesso dei Piani Eterni-Grotta Isabella (tuttora in fase di esplorazione e studio) che è attualmente la più estesa e profonda grotta del Veneto, con oltre 35 km di sviluppo e -1.052 metri di profondità. E’ il più importante sistema carsico presente all’interno del territorio di un Parco Nazionale, oltre ad essere il più importante e profondo abisso delle Dolomiti.


Le esplorazioni speleologiche nei Piani Eterni

La ricerca speleologica sistematica nell’area risale alla seconda metà degli anni ’80 quando, dopo qualche sporadica prospezione, i gruppi speleologici di Valdobbiadene e Feltre iniziarono a frequentare con assiduità i Piani Eterni. Nell’agosto del 1989 vennero contemporaneamente individuati due interessanti abissi denominati PE10 e V35 che diventeranno i due accessi principali al sistema sotterraneo. Per anni l’attività si concentra su queste due cavità che nel 1993 vengono collegate tra loro alla profondità di – 450 m facendo intuire la complessità di questo sistema sotterraneo. In questi anni viene raggiunto il fondo storico del PE10 a 971 m di profondità ed è esplorata anche l’importante diramazione della “Dolina Verde”. Negli anni 2000 una nuova spinta all’attività di ricerca ed esplorazione viene data dalla collaborazione con i gruppi speleologici di Padova e Belluno con cui viene effettuata una revisione delle diramazioni lasciate in sospeso nella parte “storica” della cavità.
Nell’estate 2006 viene oltrepassato il sifone terminale delle gallerie a Nord Ovest, un settore molto interessante della grotta che porta in una zona di gallerie che si sviluppa in modo labirintico per svariati chilometri.
Nell’estate 2009 viene individuato il passaggio che collega il Complesso del PE10 con la famosa Grotta Isabella che si apre sotto la piana di Cimia sulle pareti della Val del Burt. La storica congiunzione tra le due grotte, compiuta nella notte tra il 22 e il 23 agosto 2009 è stata dedicata agli amici scomparsi Stefano Da Forno “Cassamatta” e Michele Cesa scomparsi entrambi in quella tragica estate.
Nel gennaio 2014 viene raggiunta la profondità record di -1.052 metri.

Molte sono ancora però le diramazioni da esplorare in profondità per riuscire a decifrare l’attuale percorso delle acque sotterranee e per avere un’idea più chiara dell’idrologia di tutta l’area carsica.


La geografia del buio

L’attività speleologica in quest’area è indubbiamente difficoltosa e complessa per una serie di problematiche, dalla distanza degli ingressi dal fondovalle, alle caratteristiche delle grotte che hanno un andamento verticale e che quindi richiedono per essere discese competenze tecniche, equipaggiamenti specifici, attrezzature speleologiche (corde, moschettoni, ecc.) e un’adeguata preparazione psico-fisica, vista la loro profondità e morfologia.
Per questi motivi l’attività di ricerca speleologica, spesso condotta nella stagione invernale, necessita di punti d’appoggio esterni (come Casera Brendol), e di campi base interni come quelli attualmente installati all’interno della cavità: il “Bivacco” posizionato nella diramazione principale del PE10 a – 450 m. e la “Locanda del bucaniere” situata a -550 m. nella nuova zona di esplorazione.
Ma l’attività speleologica va ben oltre alla semplice discesa in grotte e cavità, essa ha infatti importanti e inaspettate ricadute sulla collettività tutta, si tratta infatti di ricerca scientifica a tutti gli effetti che comporta un accurato studio del paesaggio epigeo e di quello ipogeo in tulle le loro componenti. L’attività speleologica presuppone infatti una profonda conoscenza dell’ambiente esterno e, proprio per questo, tutte le cavità individuate vengono prima di tutto, topografate, posizionate e censite. Nelle esplorazioni ipogee vere e proprie, poi, si procede ad un’attenta misurazione delle cavità ed alla stesura di una vera e propria carta geografica tridimensionale dei vuoti presenti nel sottosuolo.
Un modello tridimensionale del complesso dei Piani Eterni è stato pubblicato nel 2012 sulla rivista scientifica “Frammenti”.

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